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Blog

E poi

Ad un certo punto smetti di sognare, e di volare.

Girotondo

Al punto di partenza, mi ritrovo qui, facendo finta di nulla, non sapendo più cosa fare per uscire da questa gabbia. Ho lottato, ho lottato ed ho perso. Come sempre. Mi guardo attorno e cerco di capire in cosa posso aver sbagliato, cosa posso fare per riuscire a trovare soddisfazione. Cerco di convincere me stessa e gli altri che va tutto bene, ma non è così. Tutto quello per cui ho lavorato, tutto quello che ho sudato in questi anni, non vale nulla qui. Qui non sono nulla. Dipende dal posto? Non riesco a capire quale possa essere la mossa giusta per riuscire ad inserirmi. La Svizzera, un luogo che non comprendo, un popolo che non capisco. Provo ad analizzare le persone, da cosa derivano certi comportamenti, la diffidenza, il clientelismo, il razzismo, il patriarcato ed il maschilismo. Davvero sono questi i problemi, o sono forse io? Cambio mail, cambio portfolio, cambio modo di pormi. E sono sempre qui. Senza alcuna comprensione per il mio malessere, per la mia frustrazione. Forse la cosa che mi turba maggiormente è proprio questo: non essere capita. E ripiombare periodicamente nel baratro, ma portando una maschera con il sorriso. Per questo è che quello che sono: un pagliaccio triste che muore dentro ogni giorno. Un pezzo alla volta se ne va via con me, la stanchezza cronica che mi assale. Oggi pensavo a “Storia di una capinera”, mi sento come lei: chiusa in una gabbia. Allora il mio orgoglio mi sfinge a rialzarmi ancora una volta, a tentare e tentare ancora. A sorridere anche se vorresti spegnere la luce e basta. Lottare ancora, emergere dall’acqua per respirare, una boccata di ossigeno, ancora una prima di sprofondare ancora. Cerco aiuto, ma nessuno comprende, chi dovrebbe continua ad affondare il coltello. Stanca e triste. Quanto durerà? Quanto durerò?

Ogni cosa ha un suo posto

Stranamente questo è un periodo quieto, come se ci fosse un preludio a qualcosa di “terrific”, uso l’inglese perchè ha un senso molto più esteso, terrificante nel senso di meravigliosamente grande.
Sto lavorando molto sulla mia anima, e la pace si è fatta strada, questo flusso continuo di emozioni, una sinusoide di up and down, montagne russe che fanno venire i brividi alla pelle.
Il vento sulla pelle è così docile, lo guido attraverso i capelli, che si sono trasformati in una nuvola di morbidi boccoli fluttuanti nell’aria, non più afro, senza ribellione. Il corpo si è ammorbidito, si è plasmato come un guanto di velluto attorno alla linfa vitale. Nervineo ma calmo.
Faccio piccoli passi, mai sola. Quei due fuochi mi accompagnano, e lei, la vita, mi circonda di gioia infinita.
Ormai non c’è più buio nel mio mondo, solo una notte illuminata a giorno da stelle e pianeti.

Prigione dorata

Esistono molte sfumature di una prigione, ciò che le accomuna è quella sensazione costante di sentirsi in trappola.

Osservandomi dall’esterno si potrebbe dire che io abbia tutto. Ho una fantastica famiglia, un marito affettuoso e amorevole di cui sono ancora innamorata, due bambini belli e sani. Vivo in una casa moderna, in città e all’estero, con tutte le comodità di una vita agiata. Dodici ore a settimana posso dedicarle ad altro perchè i bambini sono in asilo, ma puntualmente mi occupo della casa, che curo al meglio possibile.

Tutto questo sembra essere la chiave della felicità.
Ma non è così.

Manca qualcosa alla mia vita, manca la soddisfazione personale. Il mio lavoro, la mia carriera, tutto ciò che ero e che facevo è stato completamente raso al suolo. Non ho la possibilità di fare nulla.
Voi direte: quei due giorni a settimana? Ecco quei due giorni negli ultimi quattro mesi li ho sprecati investendo in un progetto – non mio – in cui credevo. Per qualche tempo il tornare a lavorare, l’avere uno scopo, mi ha dato nuova linfa, nuove idee, nuovi stimoli. Nel momento in cui quest’avventura è finita, l’amarezza è di nuovo emersa, più potente di prima.
Da un lato mi colpevolizzo perchè mi sembra di non essere in grado di sfruttare ogni minuto che ho a disposizione, dall’altro in quei minuti sprofondo in un’enorme stanchezza che non si esaurisce mai, 24 ore su 24 perennemente attenta ad i bisogni della famiglia.

Non mi riposo da 2 anni e 6 mesi.

Sono entrata in questa prigione dorata ed ho da sola buttato via la chiave.

Credevo che in un paese nuovo avrei potuto ricominciare a vivere, ma non è stato così. Non ho pace e mi sento enormemente sola in queste sensazioni, perchè nessuno è in grado di capire il mio sconforto, nessuno è in grado di comprendere cosa si cela al di là del mio sorriso amaro, nessuno è in grado di guardarmi negli occhi e vedere la mia profonda tristezza.

Avere un lavoro di dà l’opportunità di non sentirti sempre in obbligo verso qualcuno, è così difficile da realizzare?

Questi sono i miei sentimenti di oggi, i motivi per i quali, nonostante mi sforzi, non riesco ad assaporare ciò che di bello c’è nella mia vita. Ad aggiungersi ci sono le costanti critiche, i consigli gratuiti di amici che pensano che il problema sia sempre o soltanto io.

Forse è così, un giorno troverò soluzione anche a questo.

A volte mi sembra che una vita non basti per fare tutto quello che ho in testa.

Uno dei principi dello yoga (almeno da questo che mi disse un maestro ad seminario) è quello che in ogni lavoro dobbiamo dare del nostro meglio per raggiungere l’illuminazione, specificava che non ha importanza che si stia avvitando bulloni o lanciando missili su Marte, ciò che importa e dare sempre il meglio di sè in ogni cosa che facciamo.
Stasera mi è venuto alla mente.
In realtà è l’avere il fuoco dentro che cambia lo stato delle cose. O ce l’hai o non ce l’hai.

Post random

Oggi mi sono resa conto che scrivo. Lo faccio da sempre, senza rendermene conto, con dimestichezza e zelo. Ieri ad un corso di scrittura creativa di 3 ore, pagato nemmeno come un pasto abbondante, ho partorito l’ennesimo vaneggio. Così ordinando la scrivania ho cominciato a raccogliere uno per uno questi stracci di parole sparse a caso. Ne ho concluso che un blog non mi basta.

Petrolio

Lentamente si fa strada, come un liquido scuro che si insinua fra le pieghe della pelle, una linfa nera, acida. Corrode i desideri, i sogni. Malessere dell’anima.

Non posso nascondere alcuni ricordi, non posso nascondere che ci fu il buio. Un baratro fatto di mille angosce, di sorrisi di ghiaccio, pietrificati su un volto che pareva di cera.
Non potrei ora essere avvolta dalla luce se non ci fosse stato quel buco nero.
Probabilmente dovrei ringraziare chi ha fatto parte di quel tunnel, perché ha contribuito a spezzare le mie catene e a farmi volare.

Rosso

Non voglio rovinare quella ragnatela di pensieri. Di sussurri e grida.